Saturday, September 25, 2010

OSPITALITA’ 3

L'ospitalità nei confronti degli altri credenti

L’agape (amore incondizionato) attraverso la quale dimostriamo amore agli altri, racchiude sempre il concetto di ospitalità (filoxenia). Un'altra forma di amore che esterniamo è rappresentata all’”amore reciproco” (filadelfia). La connessione fra i termini filadelfia (amore reciproco) e filoxenia (ospitalità) è impressionante e questo ci ricorda che nonostante un Cristiano qualunque possa essere un estraneo a noi, lui o lei è comunque un fratello o sorella che dovrebbe essere trattato in quanto tale. Questo non è un consiglio da adottare con ospiti che conosciamo (anche se questa è comunque una buona idea) ma da mettere in pratica con i nostri fratelli credenti che non conosciamo. Quando è stata l’ultima volta che ne avete ospitata una a casa vostra?

Oggigiorno esiste un problema di fondo sia nella chiesa che nella cultura in senso largo del termine che è quello della superficialità nelle relazioni. Spesso risulta arduo poter andare al di là della semplice cordialità e poter intraprendere con la gente un rapporto più profondo, uno intriso di significato. Forse perché i servizi promossi dalle chiese sono più preoccupati a creare amicizie che non superino un livello superficiale, radunandole regolarmente in gruppi, senza però mai preoccuparsi di creare con loro e tra di loro relazioni più profonde. Può darsi che, rincontrando la stessa gente ogni settimana potremo ingannarci nel pensare di aver una buona relazione con loro, senza però accorgerci che trascorrerebbero degli anni non vivendo mai con loro un briciolo di un’autentica relazione. Se è vero che questo succede, allora sarà necessario che la chiesa lotti per diventare qualcosa di più che una semplice riunione amichevole di estranei dove però la nostra ospitalità non assomiglierà per nulla a quella biblica.

In chiesa invece di ripetere a noi stessi, “speriamo di andar subito via da qui”, dovremmo dire, “ come tutta questa gente può aiutarmi a crescere in Cristo e cosa posso fare io per loro?”. Invece di considerare se, “ devo lasciarli entrare nella mia vita”, dovrei decidermi a rispondere con fermezza a “COME dovrei farli entrare nella mia vita?”.

L’ospitalità nei riguardi dei non credenti

L’ospitalità può e dovrebbe essere estesa agli estranei, sia essi facciano parte o no della comunità cristiana. Ciò che abilita una persona a ricevere ospitalità non è la fede ma l’umanità, proprio perché tutti siamo stati fatti alla stessa immagine di Dio. Quando invitiamo i nostri vicini a casa nostra, allo stesso modo stiamo invitando loro ad entrare nel nostro mondo ed a vedere all’opera nella nostra casa la Cristianità, pregi e difetti inclusi. L’ospitalità è intrinsecamente legata al concetto di evangelizzazione e di missione, proprio perché l’invitare a fare un’esperienza alla presenza di Cristo nelle nostre case rappresenta una parte di vitale importanza nella teologia riguardo all’evangelizzazione ed al fare discepoli.

Il capitolo 25 secondo Matteo è un inno al Regno di Dio che ha come motivo centrale il tema dell’ospitalità:

Individuiamo alcuni punti cardine, quali:
1) Gesù si identifica con gli stranieri.
2) Servire gli stranieri/estranei è servire allo stesso tempo Cristo stesso.
3) L’ospitalità assume dei significati eterni reconditi.

La richiesta sostanziale che Gesù ci fa è quella che l’ospitalità agli estranei debba essere considerata l’elemento caratterizzante della vita di un credente salvato, il giusto contrassegno di una persona che fa parte del Regno di Dio e che è fedele al suo Regno. Gesù può essere quindi definito l’eterno Straniero.

OSPITALITA’ 2

Cenni storici sull’Ospitalità Biblica

Secondo il pensiero ebraico, l’ospitalità è considerata radicata sia nel concetto per mezzo del quale Dio “ama lo straniero” (Deut. 10:18), che in quello della storia israelita nel quale Dio dice, “ Non dovete maltrattare lo straniero o sopraffarlo, poiché anche voi eravate degli stranieri in terra d’Egitto” (Esodo 22:21).

Il Vecchio Testamento è zeppo di esempi riguardanti l’ospitalità elargita anche agli stranieri onorati come ospiti, come ad esempio quello in cui Abramo riceve i tre Angeli (stranieri) in Genesi 18, o quello in cui il prete di Madian ospita Mosè in Esodo 2, o ancora quello in cui Raab nasconde in casa sua gli esploratori di Giosuè in Giosuè 2, ed infine quello in cui Neemia protrae l’ospitalità ad uno dei trombettieri in Neemia 4.

Il Nuovo Testamento non è differente dal Vecchio. La donna samaritana invita Gesù straniero a restare presso la sua comunità, che Lui conobbe (Giovanni 4). Paolo (Saul), che in un primo momento era un nemico del movimento cristiano, entra a far parte del gruppo degli apostoli in Atti 9. Più in là nello stesso capitolo, si racconta che Pietro soggiornò presso un conciatore di pelli chiamato Simone durante la sua sosta a Ieppa. Forse, tutte queste informazioni immateriali, apparentemente somiglianti, figurano nella Sacra Scrittura perché sono risultate rilevanti dagli autori biblici. Questi sono soltanto alcuni esempi fra i tanti che si trovano disseminati nella Bibbia.

Pietro nell’insegnare il significato dell’allenare i doni spirituali in quest’epoca remota, raccomanda al popolo di Dio di “offrire ospitalità gli uni agli altri senza brontolare” (1 Pietro 4:9). Questo è un precetto che calza a pennello per tutti i Cristiani. Paolo si rivolge a tutti i credenti in Romani 12:13, quando dice che dobbiamo “prefiggerci come scopo l’ospitalità”. Alcune interpretazioni risultano molto blande nel tradurre il verbo come “praticare”. Questo verbo, in greco dioko, suggerisce l’idea di un arduo sforzo compiuto dopo un qualcosa. Dobbiamo, quindi, prefiggerci come obiettivo quello di trovare opportunità per offrire ospitalità.

L’atto dell’offrire ospitalità deve costituire le fondamenta dell’identità e della messa in pratica della Parola di ogni Cristiano. Per gran parte della storia della chiesa, i Cristiani collocavano il concetto di ospitalità in una tradizione vibrante secondo la quale la gente era accolta e, a volte, persino trasformata. L’ospitalità fa riferimento a bisogni fisici, quali quelli del vitto, dell’alloggio e della protezione. Ma la nozione di ospitalità afferma anche in modo radicale il grande valore ed il senso di umanità della gente. Le tavolate in compagnia di amici rappresentano una maniera importante, persino oggi, per ribadire l’eguale valore e dignità della gente.

Oggi dovremmo sentire un senso di avversione alla forte enfasi riposta sul valore di ospitalità, proprio a causa dell’estremo bisogno incontrato nei tempi biblici a tale riguardo. La gente che non riusciva a farsi accogliere, poteva andare incontro alla morte perché in quel tempo non esistevano alberghi o comunque centri ricettivi. Le condizioni nelle quali si viaggiava all’epoca erano differenti rispetto a oggigiorno. Tuttavia, forse, se troviamo tali intimazioni nella Bibbia, non semplicemente è dovuto al fatto che sono la risultante di un ordine pratico, ma perché hanno soprattutto ricoperto un ruolo spirituale all’interno della comunità cristiana.

OSPITALITA’ 1

Una tra le cose che più amo della vita qui nel sud Italia è l’ospitalità. Quando vengo invitato a pranzo, mi è impossibile mangiare e bere tutto quello che mi viene presentato a tavola. La gente onora e offre tutto ciò che ha di meglio al proprio ospite. Mi è veramente piaciuto il modo in cui gli italiani danno il loro benvenuto ai loro ospiti.

C’è un abisso in questo senso tra l’ospitalità alla quale assistiamo nei paesi del medio – oriente rispetto forse a quei paesi in cui questa non la si percepisce, come in Nuova Zelanda ed i paesi occidentali. Nei prossimi giorni ho intenzione di investigare sul concetto di ospitalità e sul significato centrale che dovrebbe assumere nella fede di oggigiorno.

Nella società contemporanea occidentale, il concetto di ospitalità è di solito associato a quello di cerimoniale e di intrattenimento. In passato, in particolar modo presso i greci ed i romani, l’ospitalità rappresentava un diritto divino. Si pretendeva che l’ospite si sincerasse che non fossero trascurate le sue necessità. Wikipedia menziona che i greci col termine xenia volessero esprimere questa relazione fra ospite – amico al quale viene ad aggiungersi un ulteriore termine, quello di teoxenia attraverso il quale in questa relazione si chiama in causa un dio. Mi domando se, in effetti, teoxenia non sia il termine appropriato da utilizzare nel momento in cui diamo ospitalità a qualcuno. Magari nell’ospitalità riusciamo a fare entrare Dio in quella determinata situazione. Può, in definitiva, l’atto dell’ospitalità equivalere in certo qual modo all’atto supernaturale che porta la presenza di Dio nelle nostre vite di ogni giorno?

Jason Foster sostiene che l’ospitalità Cristiana, così come ci è insegnata nella Bibbia, è un processo sacro per mezzo del quale “riceviamo” estranei e tramutiamo loro in ospiti. Durante questo processo sacro, Cristo è presente.